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Natura
Gli antichi mestieri
L'arte molitoria

L'Arte molitoria

La necessità di macinare i cereali è antica quanto la trasformazione dei nostri antenati da raccoglitori e cacciatori ad agricoltori.
Le prime macine erano estremamente semplici e funzionavano a mano, sufficienti appena a provvedere alle necessità familiari, ed erano molto simili alle due che si vedono nelle foto in alto. A mano a mano che l'uomo iniziò a concentrarsi nelle città, anche l'arte della macinazione dei cereali si perfezionò. Famosi erano i mulini romani che avevano questa strana forma biconica e in cui sulla parte inferiore fissa veniva fatto girare un rotore mosso da forza animale o umana (schiavi).
I cereali venivano immessi nella sommità del rotore e la farina veniva raccolta alla base. Anche l'invenzione del mulino ad acqua risale al periodo romano (Vitruvio 50-51 a.C.) mala sua diffusione è da considerarsi medievale. "E' solo dopo il Mille, in sintonia con lo sviluppo demografico, che viene sfruttata appieno la forza idrica dei corsi d'acqua di tutta Europa. Si calcola che nel 1086, in Inghilterra, ci fossero 500 mulini: uno ogni 400 abitanti". (Mauro Pifferi, I Mulini del Sile).
Per quanto riguarda il Sile le prime notizie di mulini sul suo corso risalgono all'inizio dell'VIII secolo e il loro incremento fu rapido, favorito dalle eccezionali caratteristiche del fiume: abbondanza d'acqua, portata costante estate e inverno, corrente sostenuta.
I mulini del Melma, come quelli della Storga, del Nerbon e del Musestre, facevano parte delle "ottanta rode" obbligate a "masenar per Serenissima Signoria" e i cui mugnai erano riuniti in un'apposita corporazione, la "scuola dei muneri de peso" il cui ritrovo era nella Sacrestia della Chiesa di San Michele di Melma. I mulini del Sile, situati lungo tutto il suo corso, ma principalmente tra Quinto e Silea, ne caratterizzano la natura di fiume di risorgiva a regime d'acqua costante, scevro, almeno un tempo, dal pericolo delle piene.
Località "I mulini", via "Molinelle", località "Munaron", via "Munara" sono toponimi che ricorrono lungo il Sile, anche se, per lo più, i nomi dei mulini erano quelli dei loro proprietari: Favaro, Bordignon, Granello, Rachello, Torresan, ma anche mulino "degli Angeli", cioè della congregazione monastica di Santa Maria degli Angeli. Dopo Morgano e Santa Cristina del Tiveron, dove si può sostare ad ammirare la pala dipinta nei primi del '500 da Lorenzo Lotto, giungiamo a Quinto. Qui abitava in villa un altro pittore, vissuto nell'800, che potremmo definire il pittore del Sile, Guglielmo Ciardi. Le sue vedute luminose del fiume con barcaioli, lavandaie, mulini, chiuse, e, oltre le sponde, della campagna assolata, testimoniano la straordinaria industriosità legata al fiume, punto d'incontro tra forme diverse di economia.
A Quinto di Treviso il Sile s'allarga a formare quasi un lago, sorto in seguito alle massicce escavazioni e che adesso misura oltre venti metri di profondità. L'importante sequenza dei mulini che formano il nucleo centrale del paese sta a testimonianza dell'imponente "industria" molitoria del Sile. Va ricordato infatti che Treviso (e dintorni) era soprannominata "il Granaio della Repubblica" perchè da qui proveniva gran parte della farina destinata a Venezia.
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