I Mulini del Sile nel Medioevo (secoli VIII - XII)
Nei primi anni del IX sec. è testimoniata l'esistenza a Casier, a sud di Treviso, non distante dal Sile, del piccolo monastero dei SS. Pietro e Teonisto, dipendente dal più noto monastero benedettino di S. Zeno di Verona. I documenti che lo riguardano sono preziosi per le informazioni che ci offrono sulla realtà territoriale del ducato di Treviso. Di particolare interesse è l'atto in cui si legge che nel 790 Ado donò al nipote Adelberto un consistente complesso di beni tra cui una casa a Treviso, una fornace a Dosson e la sua porzione di un mulino ad acqua che possedeva con altri a Quinto. Nel documento si parla anche di un lascito di 12 denari d'argento a favore della chiesa di S. Martino dell'Abate: il primo riferimento, secondo alcuni storici, alla chiesa e al monastero benedettino di San Martino sul Sile. Fornaci e mulini, quindi, cominciano fin da quest'epoca ad essere costruiti in un territorio geografico che è in stretta simbiosi col Sile. L'imperatore Ottone I cita il fiume Silus nel diploma che rilascia nel 972 a favore della chiesa di S. Candido di Dobbiaco.
Il vescovo Rozo, nell'atto di fondazione dell'abbazia di Mogliano nel 997, fa cenno ai beni donati all'ente monastico e tra questi cita il villaggio di Cavasagra, vicino al Sile, e due mulini, uno dei quali sul fiume Musestre. La donazione di Rozo viene rinnovata dal vescovo Ulrico che l'arricchisce con le chiese di S. Giovanni, S. Teonisto e Santo Stefano, l'Insula di S. Teonisto, cioè l'ampia fascia di terra compresa tra il Sile e il Siletto, un mulino e l'attrezzatura per macinare.
Tra il X e l'XI sec. si afferma il ruolo sempre più importante di due poteri forti: Il vescovo e il conte di Treviso, i quali cercano di rivendicare la titolarità di diritti in ambiti pubblici (strade, ponti, acque, mulini, ecc.). La riscossione dei diritti fiscali sul Sile o l'esclusività dei diritti di pesca sul fiume sono tra i più importanti motivi di scontro. L'affermazione del comune di Treviso, avvenuta negli anni successivi al 1160, ha conseguenze anche sul governo delle acque della città e del territorio e sui diritti fiscali ad esse inerenti. Gli Statuti sanciscono l'obbligo per i cittadini di mantenere puliti i canali onde evitare ristagni d'acqua ed ostacolo al regolare deflusso e all'attività dei mulini.
Per prevenire i danni che un eccesso d'acqua può provocare nella parte terminale del fiume, viene realizzato tra il 1214 e il 1231 il Taglio del Sile, un grande alveo di scarico del Sile nel Piave.
In alcuni punti nevralgici, nei pressi delle città o della foce, vengono erette barriere o palade per il pagamento dei dazi e per impedire il contrabbando. A scopo di difesa e di controllo del territorio lungo il fiume si costruiscono fortificazioni, la più nota delle quali è il castello della città nella contrada di San Martino (ricostruito dagli Scaligeri tra il 1331 e il 1333). Il traffico lungo il Sile è molto intenso per la grande varietà di merci trasportate, la notevole quantità di grano che Venezia invia ai mulini trevigiani perché sia macinato e le stoffe che vengono portate per la follatura soprattutto negli impianti sullo Storga a Porto di Fiera. La ricchezza e la disponibilità continua di acqua corrente dei fiumi trevigiani favoriscono la costruzione di numerosi mulini da grano, folli da panni, segherie, mole per coltellinai e fabbri dentro e fuori le mura. In città sorgono sui Cagnani e sulla Roggia i mulini delle monache della Cella, dell'abate di Nervesa, dell'abate di Follina e del comune a S. Francesco, il mulino a 3 ruote sul Cagnan a S. Agostino, i tre mulini sul Cagnan Maggiore a S. Leonardo, quelli di S. Michele sul Cagnan Minore, il mulino e il follo da panni dell'ospedale cittadino di Santa Maria di Betlemme, a S. Giovanni del Tempio, il mulino della Torre Lunga, quello sul ponte S. Cristoforo tra Roggia e Cagnan, le chiodere e le tintorie dei Ravagnini a S. Vito tra i due Cagnani e i mulini di S. Martino.